Negli ultimi anni la community furry è cresciuta per popolarità e numero di appassionati. Ma cosa è cambiato in 40 anni e più di storia del nostro fandom? Come sarebbe stato essere furry fino a poche decine di anni fa? Grazie al supporto di una guida d’eccezione, il bravissimo Scale, ogni sabato partiremo per un viaggio (letterario) dagli albori della community fino ai giorni nostri!
Tutti a bordo della macchina del tempo per un clamoroso salto nel passato!
Se vi siete persi la seconda parte, potete leggerla QUI!
Le origini del concetto di "fursona"
Oltre ad aver segnato una svolta nello sviluppo sociale della comunità furry, gli anni ’90 hanno visto anche la nascita di elementi nuovi ed originali nel contesto degli animali antropomorfi: ciò ha fornito in breve tempo nuovi spunti e dato ulteriore slancio al fandom. Un passo essenziale nell’evoluzione della comunità è sicuramente dovuto all’avvento dei “were“, ovvero gli amanti delle cosiddette “creature mannare”, che hanno contribuito all’idea di un’ipotetica “spiritualità furry”. Rappresentanti importanti di questo filone sono state le artiste GoldenWolf e Dark Natasha.
Queste due artiste, le cui opere ruotano perlopiù attorno a tematiche spirituali e di ricerca interiore, con accenni agli antichi culti pagani e allo sciamanesimo, hanno rielaborato a modo loro figure mitologiche come i “mannari” e, servendosi di personaggi dall’aspetto selvatico e immersi nella natura, hanno portato alla nascita di quello che potremmo definire il filone “romantico” del furry.
Come molti intellettuali del tempo hanno sostenuto (basti pensare alle poesie di Pasolini, per citare un personaggio italiano), dagli anni ’50 in poi il mondo occidentale ha operato una sorta di “scisma antropologico”, che in nome della modernità e del progresso ha spazzato via le tradizioni, i riti e le abitudini che fin dall’antichità avevano accompagnato l’essere umano, determinando una sorta di spaesamento e un senso di “desacralizzazione” percepito da tutti coloro che hanno vissuto il passaggio tra queste due epoche. La continua ricerca di questo “senso di sacralità” ha pervaso tutta la letteratura del Novecento, ed è piuttosto semplice ritrovarne testimonianze.
Non c’è quindi da stupirsi che il filone dei “were” abbia spinto moltissimi giovani americani dell’epoca ad approcciarsi alla community da un punto di vista spirituale, nel tentativo di recuperare il “sacro” dal legame con la loro natura più selvaggia ed animalesca. Ma i mannari, come comunità, nacquero in realtà da un gioco di ruolo commerciale: “Werewolf: The Apocalypse“, il quale aveva raggiunto una discreta popolarità in quel periodo. Nell’ambientazione del gioco, lupi mannari e creature affini avevano deciso di ribellarsi alla distruzione della natura operata dall’uomo, scegliendo di vivere in modo primitivo e animalesco, combattendo gli umani e al tempo stesso spiriti maligni di vario tipo, come i vampiri.
L’idea della ribellione contro la modernità imposta è stata infatti piuttosto ricorrente nella cultura statunitense dal dopoguerra in poi, ed è stata alla base di movimenti come quello hippy e new age.
In tutti i casi, c’è da considerare che purtroppo la società moderna non è mai più riuscita a ricreare il Mito e il Sacro, ed ancora oggi in Occidente si parla di “crisi della spiritualità e del Sacro”, soprattutto in relazione ai giovani. In sostanza, il concetto di “fursona” sviluppatosi nella comunità furry ha caratteristiche particolari, che lo rendono efficace come base per una sorta di spiritualità personale.
Oggi si sente spesso dire che essere furry equivale a possedere un proprio “fursona”, ovvero una trasposizione animale di noi stessi che ci rappresenta all’interno della community. Ma negli anni ‘90, l’unico scopo nel creare personaggi era quello di associarli ad una storia per ricavarne fumetti o comunque prodotti vendibili ai fan, e non veniva minimamente contemplata l’idea che questi ultimi potessero influenzare la propria identità, fungere da guida spirituale o aiutarci ad esplorare il nostro “io” più recondito. I mannari offrirono al mondo furry la prima prova del possibile legame tra personaggio di fantasia e individuo reale. Era ancora una comunità abbastanza piccola e isolata, ma che funzionava bene e che coinvolgeva moltissimo le persone, ad un livello tale che un semplice “fandom” non sarebbe mai stato in grado di eguagliare.
Con il passare del tempo la community dei mannari andò sempre più disgregandosi, ma la loro impronta segnò il furry fandom in maniera indelebile grazie anche a GoldenWolf che, oltre ad essere una delle mannare più celebri è rimasta per molti anni una delle artiste furry di riferimento. Le sue opere possono apparire ingenue e superficiali dal punto di vista del significato, ma hanno un fascino particolare, e sono state potenzialmente in grado di fare presa sulla fantasia di un’adolescente a cui piacciano gli animali e che si senta indefinitamente “fuori posto” nella società ordinaria, materialista e antropocentrica.
Grazie ai mannari e alla loro “eredità spirituale”, per la prima volta l’arte furry è stata in grado di suscitare, almeno in minima parte, il “senso del sacro”. Le idee sviluppate dai mannari sono poi confluite nell’idea generale di “sottocultura furry”, tant’è che oggigiorno avere un “fursona” e utilizzarlo per esplorare la propria identità e/o fare roleplay risulta essere la norma o quasi, ed è spesso considerato uno degli elementi base per determinare la propria appartenenza alla community.
Appuntamento tra 7 giorni per la quarta parte!