Il nostro Ottselpaw ci manda questo bel racconto, che ha per protagonista Tyler, il suo personaggio. Storia di una pancia è un racconto che parla di affetto e di quelle sensazioni di calore e protezione che si provano quando da bambini, ma anche da grandi, appoggiamo l’orecchio sul ventre di una persona per noi speciale. Nella sua apparente semplicità, è un racconto ricco e studiato per riportare il lettore nella dimensione di infanzia e inconsapevolezza cara all’autore, dove anche l’avvenimento più insignificante diventa lo stimolo per nuove domande e nuove scoperte, che quasi sempre culminano con la consapevolezza che da bambini, certe cose proprio non si possono capire. Siamo certi che vi piacerà!
Storia di una pancia
– Ci sono altri due sacchi qui.
– Altri due?
– Fai presto, che devo tornare indietro.
Non lo so se Frank sa quanto pesano i sacchi di farina, perché tanto lui li porta in giro
col furgone e secondo me neanche li carica su. Non so neanche quanti ne ho
scaricati fino adesso, però ce ne sono altri due e non ce la farò mai.
– Puoi darmi una mano, per favore?
– Sei già stanco?
– No, non sono stanco. Ma visto che hai fretta se mi aiuti facciamo prima.
– Sei tu quello che viene pagato per scaricare i sacchi, moccioso, mica io.
Non lo sopporto Frank quando mi chiama moccioso. Frank il suo moccio se lo
mangia, l’ho visto io. Che schifo. L’ho visto che si infilava un dito nel naso, lo rigirava
dentro per bene perché Frank ha un nasone che non so come fa a vederci se ce l’ha
davanti tutto il tempo, e poi si ficcava il dito in bocca e se lo ciucciava finché non ne
usciva pulito. La cosa peggiore è che quando Frank parla sputa e non lo so quanto
moccio mi ha sputato addosso in una settimana che scarico il suo furgone tutte le
mattine.
– Tyler, guarda che chiamo Willy fuori se non ti muovi.
– Non me ne importa niente. Willy adesso sta dormendo e non lo svegliano
neanche le cannonate, figuriamoci tu.
Queste cose non le devo dire perché Frank è grande e io no, ma odio Frank e la sua
bocca piena di moccio schifoso e di parolacce.
– Ti conviene scaricare quei due sacchi prima che ti prenda a calci nel culo.
Willy diventa una bestia se qualcuno mi tocca senza il suo permesso, quindi Frank
non può neanche pensare di prendermi a calci sul serio, ma Willy può benissimo
farlo se non finisco di scaricare la roba che gli serve per il forno. Però non capisco
perché continua a chiamare Frank per farsela portare, perché Frank è una donnola e
Willy le donnole le butterebbe tutte nel forno se potesse farlo. Forse la farina delle
donnole è meglio di quella degli altri.
Siccome sono stanco e non ce la faccio a salire e a scendere dal furgone due volte
ancora, salgo e trascino tutti e due i sacchi anziché alzarli uno alla volta. Salto giù
lasciando i sacchi sopra, poi ne prendo uno, lo tirò giù e non riesco a prenderlo
prima che cada a terra ed è una cosa che non deve succedere, ma il sacco è intero e
io non ho fatto fatica, quindi tiro giù nello stesso modo anche il secondo, e come
tocca terra esplode e Frank che ha assistito alla scena quasi si piscia addosso dal
ridere. Sono coperto di farina e credo che Willy mi ucciderà. Un cinghiale grosso la
metà del cinghiale che è Willy potrebbe schiacciarmi fino a uccidermi senza
problemi. Frank chiude lo sportello del furgone e dice che ci vediamo domattina, e
mentre parte per andarsene vorrei tanto raccogliere uno dei grossi sassi sul ciglio
della strada e tirarlo addosso al furgone, ma tanto non riuscirei a spaccare la testa a
Frank quindi non importa.
I sacchi di farina ho deciso di lasciarli fuori e poi chiederò a Willy di aiutarmi a
portarli dentro perché sono distrutto e faccio fatica a mettere una zampa davanti
all’altra per arrivare alla porta sul retro. I sacchi erano otto senza contare gli ultimi
due, che magari non vi sembreranno tanti però dovreste provare a sentire quanto
pesano. Willy dice che se continuo ad alzare sacchi così mi ritroverò con gli stessi
muscoli che ha lui, ma non so se li voglio i suoi muscoli, io. Magari appena divento
tutto muscoloso divento anche più cattivo e allora sì che posso prendere Frank a
pugni senza aver paura. Cosa succede se scopro che fare a pugni mi piace e poi non
riesco più a fermarmi e comincio a prendere a pugni tutti quelli che mi capitano a
tiro? Potrei chiederlo a Willy ma so già che lui si metterebbe a ridere e direbbe:
“cristo Tyler, sei proprio matto”. Willy dice sempre o che sono matto o che sono
troppo intelligente e faccio fatica a capire la differenza tra le due cose. Comunque
non me ne frega niente perché Willy è più buono che cattivo e finché le cose stanno
così posso essere sia intelligente che matto come vuole lui perché mi da qualcosa da
mangiare sia la sera che la mattina tutti i giorni e mangiamo sempre insieme, e posso
sia parlare che stare zitto e lui non si lamenta mai.
Do un calcetto alla porta e l’orologio sopra il forno segna le otto e mezza. Willy ha
chiuso poco fa perché tiene aperto dalle sei per la gente che viene presto, chiude
alle otto e riapre alle nove e mezza, perché dalle otto alle nove e mezza non viene
mai nessuno e lui può riposarsi un po’ prima di ricominciare a lavorare. L’ho spiato
mentre impastava e cuoceva: stanotte non ho dormito quasi mai, forse un’ora o
poco più, perché me ne sono rimasto fuori sul vialetto ad annusare l’aria e a pensare
quanto sia eccitante l’inizio dell’autunno, soprattutto perché odio l’estate.
C’è qualcosa di estremamente saporito e snervante nel vento che tira la sera. Snervante
è una parola che ho imparato da Willy. Per Willy un sacco di cose sono snervanti.
C’è farina dappertutto e il profumo del pane che è stato sfornato poche ore fa. E un
po’ di mirtilli schiacciati sul pavimento perché è domenica e Willy ha fatto i muffin.
Prima di venire qui i muffin li sognavo, e nei miei sogni c’erano gocce di cioccolato e
fiocchi di neve e quando mi svegliavo ero in un vicoletto pieno di freddo e con
l’odore della spazzatura nelle narici e nella felpa e nella sciarpa. È bello svegliarsi con
il profumo del pane e del liquore alle prugne che Willy non mi lascia bere. Il forno è
sporco e devo pulirlo, ma prima voglio dormire. Non so se ho più sonno o fame ma
ho imparato che si può dormire quando si vuole, mentre per mangiare è più difficile.
Ho tanta fame e posso mangiare, quindi apro la porta vicino alla dispensa per
entrare in cucina e da mangiare non c’è niente. Willy non c’è perché dorme e se non
c’è lui non ci sono neanche le chiavi della dispensa, ma prima di andare a dormire
lascia sempre qualcosa da mangiare in cucina. Niente pane, niente uova o
marmellata e neanche un po’ della sua poltiglia dolce con latte e zucchero e
qualcos’altro che non so cosa sia. C’è solo una bottiglia quasi vuota del suo liquore
alle prugne che non posso bere sopra il tavolo. Il lamento della mia pancia vuota
sarà la mia ninna nanna.
Attraverso la cucina e giro a destra perché dormo nella stanza dove Willy tiene tutte
le sue cartacce e le penne e l’inchiostro e il paio buono di occhiali che gli serve per
leggere le lettere e quando entro, sul divanetto sfondato che è il mio letto Willy se
ne sta come morto con la maglietta bianca tirata in su e la panciona gonfia che
sopporta il suo alito di prugna e di caffè per aria. Uno zoccolone è caduto sul
pavimento, l’altro è sopra il bracciolo rotto del divano. Le dita delle zampe sono
incrostate di acqua, farina e lievito. Non russa, quindi di liquore ne ha bevuto
proprio tanto.
Non posso andare a dormire in camera sua perché lui il suo letto lo tiene pulito e se
ne accorgerebbe se ci vado a dormire io. Sono arrabbiato e ho fame e sono stanco e
non posso fare niente per risolvere nessun problema. Vorrei piantare i denti nel
grugno di Willy perché non mi ha lasciato niente da mangiare e mi ha rubato il letto
e io gli ho scaricato tutta la farina. Voglio staccargli una zanna e ficcargliela in un
occhio. Invece decido di lasciarlo stare. Visto che dorme e che io non posso bere il
liquore alla prugna, berrò il liquore alla prugna. Torno in cucina e salgo su una sedia
e poi sopra il tavolo. Willy ci tiene che certi posti del forno e della casa siano sempre
puliti, specialmente il tavolo, perciò ci salgo su con le zampe sporche. La bottiglia è
quasi vuota, quindi credo di poter bere tutto il liquore che ci è rimasto dentro. La
alzo e pesa più di quello che pensavo, ma magari ho solo le braccia stanche. Poggio il
naso sul buco e provo ad annusare e la prima cosa che mi arriva è l’odore orribile
dell’alcol, ma dopo sento un meraviglioso profumo di prugne. Mando giù un sorso e
stavolta sento prima le prugne e poi l’alcol e cerco di non tossire ma mi viene solo
da tossire più forte. Dall’altra stanza non sento niente, quindi Willy deve essere
proprio steso. Il sapore è buono, ma brucia da matti quando va giù. Ce ne sono
ancora due belle sorsate. Infilo un dito nel collo della bottiglia e la rovescio, e vado
avanti per un po’ a ciucciarmi il liquore dal dito come fa Frank col suo moccio.
Quando vedo che ne è rimasto abbastanza da mandarlo giù tutto in una volta mi
infilo la bottiglia in bocca e due secondi dopo la mia testa è una nuvola. Una nuvola
che sta andando a fuoco. La mia pancia dice che sono uno stupido. Faccio per
scendere dal tavolo e cado, ma non mi faccio male e non so perché. Torno verso il
mio letto e mi ricordo che c’è Willy e voglio prendere a pugni la sua pancia. Mi viene
da piangere perché adesso sto male e voglio dormire, e sento che potrei anche
mettermi a urlare per svegliare Willy e cacciarlo via, però non lo faccio e mi viene da
ridere. Prendo la sedia dove si siede la gente che viene qui dentro per parlare con
Willy senza essere sentita da qualcun altro, la trascino fino al divano facendo un
gran rumore, ci salgo sopra e lascio cadere la testa sulla pancia di Willy. Le zampe mi
ciondolano a mezz’aria. Sento che non riuscirei a muovere un muscolo neanche se
volessi. Sono più stanco di prima e appena chiudo gli occhi sono sicuro di
addormentarmi, ma sotto il mio orecchio mi ricordo che c’è la pancia di Willy e a
quanto pare non vuole farmi dormire perché ha fame almeno quanto la mia. Ci sono
rumori strani laggiù, come una pentola piena di miele che bolle, anche se non so se il
miele lo si può bollire.
– Willy, puoi farla stare zitta?
Willy non risponde, giro la testa per vedere se almeno ha aperto gli occhi e invece è
ancora morto.
– Ti prego Willy…
E mi arriva sul muso un’alitata calda di liquore e bile. Non so perché ma la annuso
cercando di farmela entrare tutta nel naso. La pancia di Willy è calda e anche se è
tutta gonfia è bella morbida e il pelo non mi gratta. Ci strofino una guancia sopra e
dalla boccaccia di Willy esce un suono e questo vuol dire che per fortuna non è
morto. Ho la lingua di fuori perché non riesco a tenerla in bocca:
– Willy. Dai, ho fame.
Ma Willy non mi ascolta. Riesco a tirare su un braccio e ad appoggiargli una zampa
sulla pancia e non vorrei più toglierla da lì perché la pancia di Willy è una di quelle
cose che vorresti sempre avere sotto una zampa. Non riesci a tenercela tutta e non
ti dispiace, è calda, e poi puoi ficcarci dentro gli artigli perché è impossibile che non
ci entrino, ma non penso che Willy sarebbe contento se facessi una cosa così. Voglio
grattare questa pancia ma non riesco a pensare bene alle cose come faccio di solito
e sono sicuro che tirerei fuori gli artigli e poi non lo so che cosa potrei fare. Willy
continua ad alitarmi in faccia e non lo sa che ho fame perché a lui non gliene frega
niente visto che sta dormendo così bene e che ci sono qui io che gli scaldo la pancia.
Potrei mangiarmi la sua pancia. Tanto sono qui ed è tutta calda e deve essere
proprio tenera, e poi ce n’è un sacco, potrei starmene qui a mangiare tutto il giorno.
Mi viene una voglia terribile di dargli un morso e di vedere il sangue che salta fuori e
di mettermi a leccarlo tutto, quel sangue di prugne e di miele, caldo come la mia
testa e come il forno: ci voglio passare sopra il naso e annusarlo e farmelo entrare
tutto in testa, e poi voglio mordere quella pancia un’altra volta e stropicciarmi tutta
quella ciccia tra le zampe e sporcarmele di sangue dolce e appiccicoso e poi la voce
di Willy dice:
– Cosa fai?
E io apro gli occhi e non è che riesco ad aprirli tanto, ma non ci riesce neanche Willy.
Il suo testone vivo e zannuto se ne sta immobile sul bracciolo del divano a guardare la
mia testa sulla sua pancia calda e nessuno dei due riesce a muovere niente tranne
gli occhi. Apro la bocca sulla saliva che mi è colata sul suo pelo e gli dico:
– Mi hai rubato il letto.
Credo che sia arrabbiato perché sono ubriaco che gli sbavo addosso e ho lasciato
fuori i sacchi della farina. Continua a guardarmi e chiede:
– Comodo?
E mi accorgo di quanto siano belli e piccoli gli occhi di Willy quando è stanco:
– Uh.
Non riesco a dire altro. Una zampona mi sporca il pelo in mezzo alle orecchie di
farina. Willy mi butta in faccia un’ultima alitata, chiude gli occhi e la sua pancia è
ancora calda e morbida ma meno comoda di prima.
– Andiamo a mangiare.
– Tyler
Ottselpaw, conosciuto anche come Tyler, è un cagnaccio padovano studente di discipline delle arti, della musica e dello spettacolo. Attivo nel fandom dal 2012, cultore del mondo toon e feticista delle scene tristi nei cartoni animati, scrive racconti sul suo personaggio, un cucciolo orfano che suona un tin whistle
Revisionato da FurryDen previo consenso dell’autore.